31 ottobre 2011

Reale Casadonna Castel di Sangro

Sul viaggio di ritorno da Vico Equense facciamo una deviazione all’altezza di Caianello e ci inoltriamo verso le montagne. Dopo alcuni Kilometri costeggiando alcuni campi pieni di pannelli solari (come è cambiata la natura con la modernità) , cominciamo a salire verso Castel di Sangro, una cittadina che è abbastanza evoluta economicamente, con una discreta zona produttiva posizionata ai piedi del passo che sale verso Roccaraso ed il parco nazionale della Maiella.

Proprio dietro la zona dove sorgono gli impianti sportivi, di là dal fiume, sorge un bianco edificio soggetto di un recente restauro ed ampliamento che ospita la scommessa di Niko Romito, prima Chef poi vero e proprio imprenditore.

CASADONNA.

Ho detto che è una scommessa, perché è pur sempre in mezzo alle montagne, e non nel centro di Roma o di Napoli dove il mer
cato sarebbe stato molto più ampio.

L’intervento che è stato fatto sul vecchio stabile abbandonato è importante e dispendioso, ma sono convinto che alla fine di tutti i lavori ne uscirà qualcosa di straordinario. Tutta la struttura è studiata per essere polivalente, dal ristorante al locale “eventi”, alla scuola di cucina interattiva, alla locanda.

Arrivati comunque con un buon anticipo andiamo a visitare il centro di Castel di Sangro, con una parte antica contornata da interi quartieri moderni che ne diminuiscono il fascino. Bello il duomo ed alcune strade che lo circondano, il resto però non lascia segni nella nostra memoria.

Giunta l’ora di pranzo, torniamo a Casadonna e ci sediamo ad un bel tavolo in una sala minimalista, come quasi tutta la zona del piano inferiore della costruzione, di fronte ad una grande vetrata da cui lo sguardo spazia per tutta la valle.

Scegliamo quindi un menù proposto dallo chef.

Si comincia con un bel piatto rettangolare con Crostino di ricotta di pecora e pomodorino candito, polpettina di capretto con patate, crocchetta di cicoria e pecorino, battuto di salsiccia con arancia candita, chips di rape rosse con patè di fegato. Tutti ottimi, solo il crostino di ricotta era un po’ sbilanciato verso la ricotta, ne sarebbe bastata un filo in meno. La sorpresa: il battuto di salsiccia che con quella piccolissima presenza del candito si rivelava come un abbinamento straordinario con un ingrediente che esaltava l’altro.

Segue una crostatina all’olio ed olive nere di rara eleganza, come il piatto su cui è stata servita.

Un grande esempio di panetteria in accompagnamento ad un prodotto locale di qualità sopraffina: Grissini al miele di Castagno e leggeri Crackers con Guanciale affumicato. Che dire i grissini erano veramente favolosi, io ci avrei abbinato un po’ di ricotta od un formaggino primo sale, per via del miele di castagno, ma comunque anche la dolcezza del guanciale ben si accostava per l’abbinamento.

Una sfiziosità: Panino con scampi e scarola, almeno così mi è sembrato, con un gran bell’equilibrio tra dolce ed amaro.

Altra capriola con l’Emulsione fredda di manzo, dragoncello e maionese con aceto di lamponi. La carne magra emulsionata con un olio strepitoso, si esaltava in maniera sublime con la maionese all’aceto di lamponi, vero capolavoro di questo piatto.

Non si scende dalle vette con il Gel di vitello, porcini secchi, mandorle, rosmarino e tartufo nero. Un piatto strepitoso leggero e saporito allo stesso tempo, dove quasi tutte le materie prime si esaltano una con l’altra fino a divenire una sinfonia.

Un pelo più semplice al gusto, non per questo meno stuzzicante il Baccalà, peperone arrosto e rosmarino, dove la qualità del pescato viene esaltata dalla tecnica di presentazione delle verdure portate in forma di gel semiliquido.

Viene poi il piatto che ha “richiesto” questa sosta, Assoluto di cipolla, parmigiano e zafferano tostato. Io l’ho interpretato come una rivisitazione della più famosa Soupe d’Oignon d’oltralpe. In pratica, senza aggiunta di liquidi, Niko ha estratto la parte liquida della cipolla, vi ha poi messo delle semisfere di parmigiano, al posto delle scagliette di toma che usano i francesi e poi il tocco di territorialità dello zafferano. A mio gusto, purtroppo nel mio piatto c’era forse uno o due stimmi di zafferano in più, perché il sapore di tutto il piatto era nettamente sbilanciato verso appunto il gusto dello zafferano. Resta comunque una bella idea di realizzazione.

Passiamo poi al Croccante espressione della lingua. Qui, secondo me, si esalta la ragione per cui bisogna venire fino qua. La materia prima, la lingua, è indiscutibilmente buonissima, ma la possiamo trovare un po’ da qualunque parte e la tecnica di cottura è ormai nota agli chef più attenti. Niko però ha la sensibilità di affiancare a queste cose buonissime piccole perle di sapore, in questo caso di nuovo la maionese e l’olio al carbone di cipolla. Stupidaggini, ma che richiedono una lunghissima preparazione e donano al piatto un equilibrio ed una armonicità unici.

Ci viene poi servita una tazza contenente alcuni raviolini che galleggiano in un Infuso di capra e dragoncello. Erba aromatica che non amo particolarmente, ma n questo caso stà bene in equilibrio con il brodo di capra ed il ripieno della sua carne dei raviolini.

Altro must sono i Capellini al pomodoro, pasta di grano duro, cotti praticamente risottati nell’acqua estratta dal pomodoro, risultato: pasta bianca ma dal sapore intensissimo di pomodoro, grande tecnica e persistenza infinita.

Finiamo le paste con dei Tortelli con carciofi e burrata, piatto abbastanza semplice, in teoria, in pratica di difficile realizzazione per l’equilibrio dei sapori da raggiungere e delle persistenze da mantenere. IMHO migliorabile.

Ultimo piatto salato un inno alle montagne di Abruzzo, Torcinello di agnello arrosto con frigitelli. Il torcinello, altro non è che le budella dell’agnello da latte riempite con le sue animelle servite con peperoni friggitelli belli abbrustoliti, un piatto di corpo ben legato alla tradizione che fa ricordare le sue origini. Bravo Niko.

Passiamo poi al dessert anche qui con un percorso gustativo scelto da Niko che và gustato scegliendo l’equilibrio e l’armonia dei vari ingredienti. Essenza, si chiama il piatto, gli ingredienti, gelato di genziana, cioccolato,caffè, zafferano, mosto d’uva, albicocca e pochissimo zucchero. Come da copione, gli ingredienti presi singolarmente hanno una buona identità, ma restano un po’ campati in aria, nell’insieme della cucchiaiata a raschiare il piatto, diventano una sinfonia che esplode in bocca con equilibrio ed armonia e di una persistenza infinita.

Piccola pasticceria, che comunque denota un gusto non comune:Gelatina di pompelmo rosa, bomba calda al cioccolato, croccante al cioccolato, biscottino sale e cioccolato fondente, cioccolatino al limone.

Ultimo ma non ultimo, il Pane!
Ma perché i nostri fornai non vengono ad imparare a fare il pane a Castel di Sangro? Veramente straordinario anche a detta del mio compagno di avventure che di pane è molto
difficile!

Reale da bere: memori dello sbaglio fatto a Vico Equense, abbiamo lasciato fare al sommelier chiedendo di farci bere il territorio, purtroppo, a mio gusto, non si è ripetuta la felice esperienza campana. I vini, buoni si, ma senza quel quid che te li fa ricordare, eccezion fatta per una passerina di Feudo Antico, notevole e dell’ormai onnipresente Cerasuolo di Edoardo Valentini.
Nell’ordine: Trebbiano d’Abruzzo base Valle Reale (dimenticabile), Passerina Tullum di Feudo Antico, branchia della più grande cantine Tollo (buono, caldo, un pelo legnoso, ma non squil
ibrato), Cerasuolo Valentini (inutile parlarne, sempre il più buono della zona), Montepulciano Spelt La Valentina (buono, senza però raggiungere le vette di altri mostri come il Montepulciano può fare).

Riflessioni: Vico Equense – Castel di Sangro, due mondi gastronomici agli antipodi!

Due modi di vivere la gastronomia completamente differenti, uno, Gennarino Esposito, dedicato alla ricerca dei sapori della sua terra e votato a non stravolgerne il sapore, l’altro, a parte uno o due piatti, avrebbe potuto essere in qualsiasi parte del mondo senza sfigurare, lo avrei visto bene persino a Cala Montoj, con una ricerca dell’esaltazione dei sapori ed un correre sul filo dell’equilibrio degli stessi che molto mi ha ricordato la cucina della fine del secolo scorso di Ferran Adrià alla faccia di tutti i detrattori e di Striscia in particolare.

Per concludere queste righe su Niko Romito, vedo la sua cucina più paragonabile a quella di Bottura che a quella di Gennarino Esposito, ed in questo paragone, a mio parere è anche superiore alla cucina della Francescana di Modena. La cantina invece deve ancora crescere.

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