21 settembre 2009

Le Giare

Nuova visita presso il ristorante Le Giare di Montenuovo di Montiano.

Con i compagni di merende rinnoviamo la visita presso questo ristorante che oramai da parecchi anni è nel nostro cuore.

Mancavamo ormai da un anno ed abbiamo constato con piacere che Claudio Amadori non cessa mai di mettere le sue risorse ed il suo entusiasmo nel suo lavoro che è anche la sua passione.

Rinnovata la cucina con un investimento importante, nonostante la crisi, i piatti continuano ad essere sempre una piacevole scoperta o una immancabile certezza. Dietro i fornelli c’è ancora l’inossidabile Omar Casali che condivide con Claudio la passione per la cucina di classe.

Rinnovata anche la passione per le materie prime, tutte selezionate in base alla qualità, che deve essere superba, ma anche con un occhio di riguardo ai produttori a Km.0.

Siamo in due coppie, noi uomini, scafati frequentatori di tavole imbandite, ci siamo affidati alle mani di Omar per assaggiare le sue proposte, le ragazze, invece, volendo stare più leggere, hanno ordinato alla carta.

Cominciamo con un aperitivo, un Rosè di Villa Rinaldi da uve Pinot Nero, discreto, non tanto corpo, ma ottimi profumi ed un perlage finissimo.

A tavola viene servito una antipasto tiepido di mare su un delicato Gazpacho, vista la grande qualità della materia prima usata da Omar, è inutile dire che il piatto è piacevolissimo, grande l’abbinamento con il leggero Gazpacho che esalta il sapore dei crostacei.

Proseguiamo con una bottiglia di Riesling di Dr.Loosen Trocken del 2004, grande mineralità e profumi di idrocarburi che dopo un po’ si attenuano e diventa un vino equilibratissimo e piacevolissimo.

A seguire un calamaretto farcito su pavè di legumi e foglia di pane croccante. Altro piatto saporito ed equilibrato, sia il ripieno che i legumi ben si accostano al calamaretto che rivela al sapore tutta la sua freschezza.


Le ragazze hanno ordinato una scaloppa di Foie Gras con fichi e composta di zucca, che è a dir poco stratosferica, ed un assaggio di crudi di mare, fantastico per varietà, freschezza e qualità del pescato. Gamberi, Ricciola, Merluzzo, Canocchie etc… tutti abbinati a vegetali di varie forme, colori e sapori che rendevano la portata, oltre che importante, anche piacevole. Quasi con dispiacere ci si è trovati a dover distruggere queste opere d’arte.

Si è poi proseguito con Baccalà su purè soffice di patate con pomodoro confit, olio e tartufo, pure qui si è rilevata una grande ricerca di qualità sulle materie prime ed un grande equilibrio dei sapori, forse un pelo dolce il confit. Il purè invece era di una sofficità inusitata senza togliere corpo e sapore alla patata veramente saporita.

Proseguiamo con un risotto mare e monti, con un pesto buono e non invadente, con funghi porcini, Mazzancolle e Cappa Santa. Piatto molto appagante, ne avremmo mangiato anche il bis, se non conoscessimo Omar. Infatti le portate sarebbero poi state molte ed avremmo fatto fatica giungere al termine.

Segue infatti un classico brodetto alla pescatora con immancabile triglia di scoglio, stratosferica, e brodo da zuppetta!

Proseguiamo con una cozza fritta in tempura con crema di zucca ed un assaggio di ciuffetti in umido di qualità sublime. Grande la cozza che si abbina fantasticamente con la crema di zucca.

Arriva poi a tavola un tris di assaggi di Baccalà in varie cotture: Bollito su un letto di erbette, Fritto su salsa di soia ed in Umido, tutte molte buone e realizzate in maniera perfetta.

Continuiamo a bere un ottimo Percarlo del 1999. Dal colore un po’ scuro, tendente al granato, al naso si notano i profumi di confettura di ciliegie e di prugne, una puntina di liquerizia. In bocca un grande corpo, ci si conferma la confettura con alcuni sentori di carrube e una puntina di goudron.

Passiamo poi ai secondi, per le ragazze un baccalà su purè soffice e tartufo, come il nostro antipasto ed un galletto ruspante in tre cotture. Coscia a bassa temperatura farcita, Petto in crosta di pane ed erbe ed Aletta in graticola su spinaci al burro. A parole sembra una cosa semplice fare il pollo, ma anche qui si nota la ricerca della qualità della materia prima che fa di un piatto semplice un grande piatto.

Per noi maschietti, invece una intercostata di manzo in crosta di pepe nero con finferli. Su questo piatto abbiamo discusso a lungo con Claudio, il quale lo esalta per la qualità della carne, di razza fassona piemontese, ma prodotta il loco, io invece ritengo che la tipologia del piatto, molto speziato senza per questo però essere squilibrato, non renda giustizia alla tipologia di carne che la ricerca metodica di prodotti di qualità di Claudio è riuscita a trovare.

Per finire la bottiglia di Percarlo, ci viene servito in tavola un panettone di formaggio, Blu di Montefeltro affinato nella vinacce, selezionato da Brancaleoni di Roncofreddo, una vera e propria libidine.

Terminiamo con un dessert a base di cioccolato. Una crema al cacao su ristretto di rum, una crema catalana di cioccolato, un sigaro di cacao al profumo di Rhum ed una pralina di cioccolato con croccante. Voglio spendere due parole per il sigaro, bellissima la presentazione sottovetro, pieno di “fumo” che evapora al togliere del coperchio. La foglia esterna è una sottilissima sfoglia al cacao, croccante, il ripieno è un cioccolato semifuso affumicato e si percepisce benissimo il profumo del Rhum che vene spruzzato sopra al momento del servizio.

Acqua, ne abbiamo bevuta poca, abbondante dose di caffè per affrontare il ritorno e due calicini di Rhum XO per finire, il tutto per cento euri a testa.

Claudio ci ha fatto sicuramente un prezzo di favore, ma sinceramente, tra tutte le persone che conosco che sono passate dalle Giare, i pochi che mi hanno detto che è caro, è gente che mangia per nutrirsi, non per provare emozioni.

12 settembre 2009

Mirazur Menton



Sulla via del ritorno, le vacanze finiscono per tutti, sono riuscito a metterci un'altra tappa, un po’ per non fare tutta una tirata San Celoni – Bologna, un po’ perché avevo già sentito parlare di Mauro Colagreco al Mirazùr.
Prenotato il ristorante per tempo, sarebbe stato di Sabato sera e sarebbe stato rischioso altrimenti, ho cercato anche un albergo a Menton, sempre il web mi ha dato una mano, abbiamo prenotato all’Orangerie, proprio vicino al centro di Menton. Purtroppo si è rivelato un bluff. L’albergo ha vissuto tempi migliori, ricorda il passato, ormai veramente passato, della costa azzurra. L’unica cosa veramente bella è il parco, grande e rigoglioso di piante in pieno centro, una rarità. Altra nota positiva, la possibilità per la misera cifra di euri 6,00 di parcheggiare la macchina in un parcheggio privato che per Menton è una grandissima comodità.
Comunque torniamo al busillis.

Guidati dal navigatore cominciamo a seguire il lungomare fino a che non ci viene indicato di salire per una stradina sulla sinistra, direzione ITALIA. Dopo circa un cinquecento metri veniamo avvisati di aver raggiunto la meta, ma davanti a noi c’è solo la vecchia dogana tra Francia ed Italia. Restiamo un po’ preplessi fino a che da dietro un oleandro dell’ultima casa prima della dogana, vediamo l'insegna ed abbiamo trovato il ristorante.
Un consiglio, se ci andate in macchina, arrivate presto perché di parcheggi ce ne sono veramente pochi. La strada è stretta e proprio di fronte al Mirazùr c’è un altro ristorante (che per tutta la sera ci martellerà le orecchie con musica da ballo a tutto volume! ) e perciò è difficile trovare posto. Altra valida soluzione è il taxi.
Comunque, entrati nel locale attraversando un ponticello che separa lo stabile dalla strada, ci troviamo in un locale che sembra un bar, ma è deserto! :-O
Il locale è sviluppato su tre piani. Sul primo piano, quello più basso, c’è il bar estivo, con giardino e molte piante, sul secondo piano c’è il bar invernale e sul terzo piano c’è il vero e proprio ristorante.
Noi che non sapevamo nulla, ci siamo presentati proprio nel bar invernale entrando da quella che poi si rivelerà essere una porta aperta per caso! :-)
Dopo un po’ di attesa, aggirandoci per il bar deserto, mi era anche venuta voglia di servirmi un aperitivo da solo, ma sono cose che non si fanno! :-) Ci siamo quindi diretti sulle scale che portavano alla sala ristorante e proprio in quel momento siamo stati raggiunti dal maitre che saliva dal giardino il quale in un italiano quasi perfetto si è scusato e ci ha spiegato il disguido. Ci ha portato in sala, con una bella vetrata che dà sul porto turistico di Menton, e ci ha fatto accomodare al nostro tavolo, proprio di fronte alla vetrata.
Ci viene proposto un aperitivo che io non mi faccio scappare, non sempre si trova un Billecart Salmon Rosè disponibile.
Insieme all’aperitivo ci portano la carta e tra un sorso e l’altro facciamo la nostra scelta.
Manuela non ha tanta fame anche perché è ancora piena della cena del giorno precedente al Can Fabes, perciò invece del menù Carte Blanche, da 11 portate, optiamo per il menù degustazione da SOLO 9 portate, è meglio tenersi leggerini, il giorno dopo ci aspetta il rientro in autostrada e la Domenica pomeriggio in Liguria si sa, è un dramma. :-)
Cominciamo con un benvenuto, quattro piccole “tapas” a base di verdure: bollite, fritte, al forno e crude. Originale l’idea e stuzzichevole con il mio champagnino.
Seguiamo con Oeuf à la coque, Citron confit et cresson. Servito dentro il guscio dell’uovo, un uovo tiepido aromatizzato da Limone candito e crescione che davano in bocca il sapore di quella maionnese fatta in casa come una volta, chi è stato da Eraclio alla Capanna di Codigoro, sa di che cosa parlo.
Poi Salade d’haricots, Cerises et pistaches grillées. Variante della più famosa, e locale, insalata Nizzarda, Colagreco propone questa insalata di fagiolini verdi con ciliegie, denocciolate, appena saltate in padella ed una graniglia di pistacchi tostati condita con una vinaigrette di olio e limone. Cominciamo a conoscere lo chef, è una esperienza che si avvicina a quella che abbiamo fatto da Bras. Un grande e soprattutto sapiente uso del mondo vegetale in cucina. Ci dicono che lo chef ama girovagare tra orti, giardini e campi in cerca di aromi, profumi e sapori da inserire nella sua cucina e, per il momento, ci sembra che il suo girovagare dia buoni frutti.
Proseguiamo con Ravioles de tourteaux, Dashi végétal aromatisé à l’immortelle. Ancora un abbinamento frutto del girovagare dello chef, Ravioli di granchio in brodo vegetale aromatizzato con un erba di campo chiamata in Francia immortelle, che in liguria chiamano “erba bianca” (erba gianca), dai fiori gialli e dal profumo penetrante e persistente.
Ancora Champignons sauvages, Quinoa rouge, lard de Colonnata et achillé millefeuille. Un millefoglie con strati alternati di lardo, quinoa rossa, funghi, decorata dai fiori di achillea, commestibili. Un ottima realizzazione di un piatto molto saporito ed appagante.
Segue un piatto tipico francese: Cuisses de grenouilles, Nos tomates et nos herbes. Cosce di rana fritte nel burro chiarificato con erbe aromatiche della Provenza e pomodorini saltati in padelle con le stesse erbe. Che dire, io abito in una zona dove fanno le rane in tutte le maniere, ma buone come queste ne ho mangiate veramente poche, e solo in Francia.
Andiamo ancora con La péche di jour, Espuma d’haricots coco, ail nouveau et différents basilics. Altro esempio di splendida fusion tra mondo ittico e mondo vegetale. Il pesce era uno scorfano sfilettato e passato sulla piastra, appena scottato, saporitissimo, l’abbinamento con spuma di borlotti ed aglio, impolverata da un trito di varie tipologie di basilico, era al tempo stesso sapida e fresca e serviva ad esaltare il sapore del pesce.
Bavette de boeuf, Ecrassée de pomme de terre, poivron et pimement à la fleur d’origan. Una tagliata di carne, molto buona, contornata da patate appena stufate schiacciate con la forchetta condite con vari tipi di pepe e fiori di origano. Un piatto molto semplice, magari non esaltante, ma la materia prima e l’ottimo equilibrio del condimento delle patate ne fa un piatto piacevolissimo.
Per finire i dessert.
Suope glacée de verveine, Péches et sorbet au yaourt. Una specie di sorbetto alla verbena con pezzi di pesca nettarina e yogurt artigianale. Buona la freschezza del tutto e l’equilibrio dei sapori. Ottimo lo yogurt artigianale, mi ricordava quello mangiato in Grecia, bello sodo e saporitissimo.
Meringhe légère au café, Mousse au coco et sorbet cacao. Grande la meringa, ben supportata dalla mousse ed un sorbetto al cacao come non ne mangiavo da una vita, meglio anche di quello che fa Rizzati a Ferrara. Sarebbe piaciuto anche a Teo Favaro! :-)

Beveraggi: Una acqua Evian, lo Champagne anzidetto, una bottiglia di Poully Fuissé Manoir de Capucins del 2002 (poteva essere migliore ), un bicchiere di vino rosso, Grenache, un caffè all’italiana, molto buono.

Spesa totale, per due persone, 279,50 euri. Non ho lasciato la mancia perché c’è stato uno sbaglio sul conto, ero molto stanco e non avevo voglia di fare una scenata.
Ci hanno fatto pagare il menù Carte Blanche, da 11 portate, invece che quello degustazione, da 9 portate, che avevamo ordinato, e che ci hanno portato!
Può essere stato un errore, visto la tarda ora che avevamo fatto, ma visto che già pagavo di più, mi sono limitato a non lasciare la mancia. Mi dispiace per i camerieri.

Ciao
Stefano

11 settembre 2009

Ristorante Can Fabes Sant Celoni


Dalla costa Atlantica a quella Mediterranea passando per gli splendidi Pirenei spagnoli tra Canyon, cascate, boschi e prati.
Una breve sosta a Sitges, splendido paesino attaccato alla montagna in riva al mare. Molto turisticizzato ma al momento ancora vivibile. Dicono che di Sabato e Domenica sia più caotico ma tantè, noi ci siamo capitati di Giovedì e tra l’altro in una brutta giornata!

Il giorno dopo avevamo prenotato al Can Fabes a Sant Celoni, una quarantina di chilometri a nord di Barcellona.
In verità si è trattato di un ripiego in quanto, in ordine cronologico, non ci hanno preso né: El Bulli, né El Cellar de Can Roca, né il Sant Pau, né l’Esguard.
In zona, di pluristellati, rimaneva solo quello.
Sinceramente non ero troppo convinto perché l’idea che mi sono fatto di Santamaria seguendo gli articoli di cucina è un po’ la stessa di quel cuoco campano (di cui non ricordo neanche più il nome) che ha detto peste e corna contro Bottura solo per fare parlare di sé. Santamaria mi ha dato la stessa impressione per la polemica che ha suscitato contro Adrià, anzi penso proprio che il sasso nello stagno di tutto l’ambaradan, lo abbia tirato proprio lui.
Dato che io invece ho una stima enorme per Adrià, al cui tavolo mi sedetti tanto, troppo, tempo fa, mi scocciava portare “dinero” a chi vuole farsi pubblicità denigrando colui che ritengo un vero genio.

Poi, parlando con Manuela, abbiamo deciso di provarci lo stesso, anche perché, innanzi a tutto, le tre stelle gli erano state date, poi, per poterne parlare, bene o male, credo che prima bisogna provare.

Visto che c’era la possibilità, abbiamo prenotato il tavolo in cucina.
Essendo del mestiere, avevamo pensato di poter apprezzare di più i piatti se avevamo modo di seguirne la preparazione. Di questo ne parlerò però dopo.

Il tavolo è situato all’ingresso della cucina ma un pò limitato dalle pareti che fanno degli angoli e che perciò non danno piena visuale sulla cucina, si vede solo il banco delle rifiniture ed una parte dei fornelli.
È un tavolo abbastanza grande per quattro presone, due però darebbero le spalle alla cucina, loro lo vendono anche per 6, ma, secondo me, sarebbero stretti.
La seduta è una panca fissata alla parete e perciò un po’ scomoda, soprattutto se si volesse avvicinarsi al tavolo. Il tavolo è anche abbastanza largo il che dava alcuni problemi al servizio in quanto la cameriera addetta al nostro tavolo non era propriamente alta e si doveva sbracciare non poco.

Per il tavolo in cucina c’è un menù imposto per tutto i commensali.

Si comincia con un aperitivo, piccoli bocconi di varie tapas tra cui ricordo molto buoni, una oliva nera ricoperta di granella fritta, un Pimiento del padron fritto, ed una acciuga del cantabrico condita con una emulsione di olio ed erbette, veramente notevole.
Poi, Crema de judias con escalunas y cecina. Una crema di fagioli, fredda, con scalogni tritati ed un bocconcino di “cecina”, proprio come quella di Viareggio. Abbastanza piacevole, ma poco intrigante.
Segue Ravioli de gambas al aceite de ceps. Gamberi e porcini, non è un abbinamento nuovo, ricordo che già nel 1979 li mangiavo da Gennarino a Livorno. Comunque il piatto è ben realizzato, gamberoni tagliati a metà e farciti con porcini saltati all’olio d’oliva. Ottima materia prima.
Ensalada de melon, almendras tiernas y sardinas. Grande piatto, dolcezza del melone bianco, amaro delle mandorle, grasso delle sardine, marinate in olio e limone. Un susseguirsi di sensazioni sul palato veramente incantevole e persistente.
Tartare de pescado, mariscos y citricos. Una tartare presentata sotto forma di budino a più strati. Sotto il pesce, non meglio identificato, in mezzo i frutti di mare e sopra gli agrumi tritati. Buon piatto, equilibrato e netto il contrasto tra i sapori. Sia separatamente che in “ensamble” offre al palato pieno soddisfazione.
Pan de verdura al vapor, tuetano y trufa de verano. Piatto strano: il “pane” realizzato con verdure tritate e poi “impastate” con qualche addensante (visto chi lo propone, penso ad un addensante naturale) e poi cotte al vapore, era poco soddisfacente, incomprensibili i sapori delle verdure e perciò non identificate. Il sapore con predominanza “grassa” era ulteriormente “ingrassata” dal midollo ed il tartufo estivo, mi dispiace, ma ….
“Puagra llora” al horno, Russola al forno, che dire, buona, ma è un piatto da trattoria!
Cigalas con polenta, come sopra, per quanto riguarda l’abbinamento. Per la polenta, è meglio che i “nordici” non la provino. Niente a che fare con quello che passa per la loro testa. Una cremina di farina di mais sbollentata ed insapore.
“Espardenyes” de Blanes y tocino, In italiano sono i cetrioli di mare, serviti con fiammiferini di bacon abbrustoliti. Bell’abbinamento, mare e terra in due consistenze e temperature differenti.
Escorpora con calabacines tiernos, l’abbinamento pesce e verdure torna riproporsi, come detto ormai cose già viste. Materia prima, scorfano e zucchine, ottima come sempre, ma ….
Foie-gras cocido a la brasa con chutney de platano. A me il foie gras piace in tutte le maniere, va da sé che anche questo mi è piaciuto molto. Notevole la tecnica di cottura, per il foie gras la graticola è molto difficile da usare. Ottimo anche l’abbinamento con la banana. Invece di cercare il contrasto ha seguito il senso dolce, senza diventare stucchevole.
Cordero del Montseny, berenjenas y zanahorias al comino. Carote e melanzane lavorate in padella ed aromatizzate, il giusto, con il cumino, facevano da contorno ad un agnello veramente notevole, sgrassato e ben cotto, mi ricordava quello stratosferico mangiato al Caveau del teatro di Pontremoli, dall’origine di Zeri.
Quesos fabes, una selezione di formaggi della casa. Presentata come una delle scelte migliori di Spagna, per me mancava di alcune perle, tipo il Lazos di capra ed il “Bleu” Cabrales delle Asturie. Quelli assaggiati però erano notevoli.
Panacotta con granizado de miel, una panna cotta ricoperta da miele gratinato alla “catalana”. Troppo semplice.
Sopa de melocoton con pina y coco. Una macedonia di frutta, ottima, ma sempre una macedonia.

Petit fours. Questo ricordatevelo perché ne parlerò ancora nella prossima puntata.
Un piatto di vetro nero su cui c’erano 4 assaggi di piccola pasticceria, molto buoni a parte uno che mi sembrava polistirolo. Mi ricordava quel fiocchetto bianco che negli USA servono infilato in uno stecchino e poi gli danno fuoco. Bho!

Beveraggi: una bottiglia di acqua naturale, del rubinetto (offerta), un bicchiere di Cava Especial Can Fabes (offerto), una bottiglia di Cuvée Santamaria bianco. Vino prodotto dallo chef in una vigna che ha acquistato nel Penedes, veramente notevole, è andato a tutto pasto, due bicchieri di Cuvée Santamaria rosso (offerti). Proveniente dallo stesso appezzamento, valido anche questo. Il Penedes stà dando frutti sempre più buoni. Due bicchieri di Moscatel Victoria Ordonez (offerti).

Prima considerazione: Il tavolo in cucina, a parte il menù più ampio, non vale la scelta. Più scomode le sedute, servizio più impacciato e niente di coinvolgente in quanto quasi tutte le preparazioni vengono fatte in zone che dal tavolo non si vedono.

Seconda considerazione: La cucina è tradizionale, ben eseguita, ma nulla di veramente straordinario, manca quel piatto del “buon ritorno”, quello cioè che farebbe scattare la molla per tornare a visitare il ristorante.

Terza considerazione: a riguardo della polemica con Adrià, se visitate il suo sito, noterete che anche lui usa prodotti “chimici”, unica differenza è che vengono menzionati: sul sito, ma non sul menù!

Quarta considerazione: Il servizio, a parte il Maitre ed il Sommelier, veramente bravi, preparati e disponibili, non mi sembra al livello di un tre stelle del Bibendum.

Per finire, non credo che ci tornerò!

Ciao
Stefano