29 novembre 2010

Ultima visita al Marconi

Nuova visita, sotto una nevicata imponente, alla famiglia Mazzucchelli.

Il ristorante pare aperto solo per noi, essendo gli unici che, avendo la patente da un qualche annetto, si sono avventurati sulle colline di Bologna sfidando le strade innevate. Tutte le altre prenotazioni sono state disdette in mattinata.

Il sig. Massimo ci accoglie con estrema cortesia e ci fa accomodare.

Il servizio parte subito con un benvenuto della casa composto da uno scampo crudo in brodo di funghi, porcini e ricotta salata. Un piatto molto buono per un abbinamento terra mare già apprezzato altre volte, anche se questa volta è stato forse più apprezzato per la fantastica qualità dello scampo. Le altre volte che avevo assaggiato una combinazione di crostacei e funghi, li ho sempre trovati cotti, i primi, qui, da crudo, immerso in questo brodetto ai funghi, aveva un’eleganza straordinaria.

Chiediamo espressamente un menù di terra, mi rendo anche conto di essere un rompi… , ma Manuela non aveva voglia di pesce e veniamo gentilmente assecondati.

Prima entrè: I colori della rana. Visibilmente il più bel piatto di tutta la serata, consisteva in una “tavolozza” di colori con tante salse che riportavano i vari colori delle le varie razze di rana nel mondo, salse schizzate un po’ alla maniera di Pollock e su ogni colore una tenerissima coscietta di rana. La salsa che più mi ha appagato è stata quella, verde pallido, all’aglio, molto interessante anche quella giallo oro al curry, meno invece quella verde scuro alla rucola.

Seconda entrè: Trippa di fassona in brodo di sedano. Questo è invece, per me, il piatto del buon ricordo. Straordinaria la trippa, tagliata finissimamente a mo di spaghetti, galleggiava in un brodo di sedano con una mirepoix di carote che equilibrava benissimo il grasso della trippa con la sua delicata acidità.

Prima minestra:Agnolotti ripieni di faraona in brodo di faraona e tartufo bianco. A Manuela è stato il piatto che è piaciuto di più. Veramente buono per equilibrio di sapori ed eleganza, il brodo, per nulla grasso, era delicato e saporito. Straordinaria la qualità del tartufo, il più buono mangiato quest’anno.

Secondo primo: Anolini di parmigiano. Un piatto molto piacione,che unisce l’appagamento alla ricerca delle sensazioni. Come ci ha spiegato il Sig.Massimo, gli abbinamenti sono stati una specie di ricerca delle varie stagionalità del Parmigiano inventati sotto forma di sapori. Nel ripieno, insieme al Parmigiano di 24 mesi c’era il sentore della lavanda, che ricordava la freschezza dei formaggi freschi da mangiare, sugli anolini c’erano mandorle tostate e tritate che portavano il pensiero ai formaggi più stagionati, da grattugiare e nel burro del condimento c’era l’odore della noce moscata per fare pensare a quei Parmigiani stravecchi, di rara importanza, che ogni tanto si trovano da appassionati selezionatori.

Per secondo ci è stata servita una Supreme di faraona arrostita perfettamente, carne per nulla stopposa e saporita e pelle croccante su una polentina taragna accompagnata da una padellata di funghi porcini. Un buon piatto, anche se mancante delle emozioni degli altri.

Prima dei dolci, un assaggio di formaggi: Ricotta salata, stagionata sotto le vinacce, delicata e saporita al tempo stesso, ed un assaggio di un erborinato di mucca per il quale sono andato in brodo di giuggiole, solo che mi sono dimenticato di chiedere lumi sull’origine, accidenti!

Come dolce volevo stare sul tradizionale ed ho ordinato una torta di mele, ma anche qui l’Aurora mi ha stupito presentandomi un tris di elaborazioni alle mele che, ognuna delle quali, ricordava in senso e sapore diverso il gusto tradizionale della torta di, mia, anziana memoria.

Piccola pasticceria, notevole, e caffè.

Con due bottiglie di acqua ed una di Riesling Kabinet Trocken Von Schubert del 2007, il conto è stato di € 160,00, spesi benissimo!!!!

22 novembre 2010

Vintage 55 Parte II°

Alla fine dei secondi, abbiamo voluto fare una degustazione alla cieca tra i vini portati dagli ospiti e qualcuno trovato nella mia cantina.

La degustazione, ricordo, sempre alla cieca, è stata fatta facendo una sfida adue, solo per i primi a tre, tra vini di uno stesso vitigno o comunque, più o meno assimilabili.

La prima batteria, da tre vini, era composta da:

Opus One Mondavi-Rotchild 1998. Colore molto scuro, al naso un po’ chiuso. In bocca era tannico e con una buona acidità, un corpo medio, non troppo importante. Voto 0

Vega Sicilia Unico 1990. Colore sempre molto scuro, al naso era più aperto, profumi di prugne e di ciliegia cotta. In bocca, qualcuno ha sentito una puntina di tappo, io no, un tannino con una trama molto fitta, una leggera notamentolata, da rovere americano, un poco erbaceo, io lo avevo scambiato per l’Opus One. Dico così perché il Vega Sicilia lo avevo già bevuto anni fa e mi era parso notevolmente migliore. Forse la bottiglia o forse, spero di no, una fase calante. Voto 0

Merlot di un piccolo produttore della Valtellina, non ricordo il nome. Non ci stava per niente nel confronto, ma questi primi due erano gli unici di vitigni diversi, anche se internazionali. Troppo giovane, l’annata 2009, sembrava un novello nel confronto, anche per il frutto fresco che aveva. Voto -1

La seconda batteria era composta da:

Barolo Monfortino di Giacomo Conterno 1995. Un colore granato scuro, al naso ampio e profondo, rosa appassita, frutti selvatici, cioccolato amaro. In bocca una grande eleganza, buona acidità, una trama tannica fitta e complessa. Voto 3

Barolo Brunate Elio Altare 2001. Un bel colore granato, più limpido del Monfortino. Al naso esplode un bouquet di profumi dalla viola alla rosa, al sottobosco. Dal cioccolato al cuoio. In bocca i tannini sono fitti ed intriganti, il corpo enorme, ma allo stesso tempo il vino aveva una eleganza divina. Voto 3+++

Terza batteria, qui siamo andati fuori scala, i criteri di IHV non bastavano più.

Chambertin Armand Rousseau 2000. Un rubino scuro, tendente al granato, cristallino. Al naso si sono aperte le porte del paradiso, un vero giardino con frutteto. In bocca era ampio, corposo, con tannini morbidi e complessi, cioccolato e liquirizia, una buona gradazione portava ad amplificarne il sapore. Ci vorrebbe uno più competente di me per darne appieno la descrizione. Per il voto abbiamo preso le scale di sicurezza: 4

A questo punto dicevo di aver ormai bevuto il meglio, ma è saltato fuori:
Domaine de La Romanée Conti La Tache 2000.
Prendete la decrizione dello Chambertin ed amplificatela, se ci riuscite, almeno di due o tre volte. Penso di non aver mai bevuto, nella mia vita, un vino più buono. Voto 5

Quarta batteria, dopo tanto vino, si fa fatica a reggere il confronto, ma:

Brunello Biodi Santi Riserva Il Greppo 1955. E’ arrivato quello che aspettavo!
Certo un Brunello, per quanto buono, non regge il confronto con La Tache, ma questo 55 era veramente notevole. Dal colore granato con una leggerissima punta aranciata, al naso era bello intenso con delle ciliegie cotte, cioccolato e cuoio, una leggerissima nota di carruba. In bocca armonico come non mai con un bel corpo, i tannini molto fini, i più fini mai trovati da me in un Brunello, di grandissima eleganza. Voto 3

Brunello Pieve di Santa Restituta 1986. Dopo il BS non ha fatto una bella figura, ma è restato comunque un grande vino. Nel bicchiere era leggermente più torbido, sempre di un colore molto cupo, al naso più chiuso ed in bocca un buon corpo e tannini più robusti. Comunque un buon vino. Voto 2

Voglio ringraziare quegli amici che hanno contribuito a questa bella serata con la loro presenza e con il loro contributo alla degustazione.

Grazie a tutti.

Vintage 55 I° puntata

Il diciannove novembre millenovecentocinquantacinque sono venuto alla luce insieme ad uno dei più grandi vini italiani della storia.

Unico vino italiano presente nella top hundred del secolo scorso pubblicata a fine secolo da Wine Spectator, la più rinomata rivista enologica degli USA e tra le più rinomate del mondo.

Brunello Biondi Santi Riserva Il Greppo 1955.

In cantina avevo una di queste bottiglie e, con la scusa di controllare chi dei due ’55 si era conservato meglio, ho chiamato alcuni amici “enofili” per festeggiare insieme a me.

Quando si presentano, questi amici, non vengono mai a mani vuote, perciò, insieme all’amico Claudio Amadori, del ristorante Le Giare, di Montenovo di Montiano, abbiamo organizzato una cena per fare un po’ di fondo a quello che si sarebbe bevuto.

Alle 10 di mattina si presenta Omar, chef delle Giare con una macchina piena di ogni ben di Dio e comincia a darsi da fare per preparare la cena.

Alla fine tra parenti ed amici, a tavola saremo in 18 perciò c’è da fare!

Omar ci ha preparato una ventina di assaggi di vari micro piatti, cucchiai, tazzine e bicchierini.
Tutti stupendi, sopra tutti ricordo un bicchierino con una crema di ceci, sovrastata da foie gras d’anitra fresco cotto a bassa temperatura e poi caramellato, e poi un sandwich fatto con due filetti di saraghina
con in mezzo una miscellanea di erbe, tra cui ho riconosciuto il finocchietto ed un ombra di castelmagno, ancora un cucchiaio con un mollusco di cozza immerso in una salsa verde, molto agliata che stuzzicava il bere benissimo.

Per primo Omar ci ha preparato dei tortelli fatti con una sfoglia alle olive taggiasche, ripieni di carciofi, serviti su una crema di carciofi e conditi con olive taggiasche e pomodorini confit, sgrassati da una salsa allo squaquerone.

Un piatto dal difficile abbinamento, ma veramente equilibrato nei sapori e molto appagante.

Altro primo, risotto con riso carnaroli alle allodole servito con una crema di ristretto di allodole e mirtilli.
Un piatto stratosferico!!! Grande armonia di sapori, equilibrio dei gusti ed appagante al massimo, per fortuna che Omar ha fatto
delle porzioni “giuste”, da ristorante, altrimenti ne avrei mangiato una cofana!

A seguire piccione in due cotture: la coscetta cotta arrosto, avvolta in una fettina di pancetta ed il petto, al rosa, cotto a bassa temperatura, servite con una specie di “timballo” di patate e formaggio al forno.
Anche qui ho notato la perfetta armonia dei sapori e la i
mpeccabile cottura delle carni.

Ndr: I vini sono stati valutati secondo il metodo IHV. Un metodo frutto di molte discussioni sul noto gruppo di di discussione it.hobby.vino, basato soprattutto sul piacere di bere un vino a prescindere dalla tipicità o meno dello stesso.

Fino ad ora abbiamo bevuto:

Champagne Isselè Pere e Fils Brut NV. Veramente buono, fresco, bella acidità, discreto corpo ed ottimi profumi. Voto 2

Champagne Billecart Salmon Magnum Brut. Fà una brutta figura dopo l’Isselè, più scarico, sia nel colore che nel corpo, perlage molto più fine e bouquet più piccolo w chiuso. Voto 1

Puligny Montrachet J.M.Boillot 2006 Camps Canet Ier Crù. Grande vino, fresco, profumato, di corpo, due bottiglie sono praticamente evaporate. Voto 3

Batard Montrachet Grand Crù Louis Jadot 1999 Magnum. Dopo il Pouligny, ha fatto una magra figura, meno fresco, meno corposo, ma soprattutto troppo legno ancora per niente assorbito e, data la scarsa acidità, credo che non lo assorbirà mai. Voto 0

Valtellina Superiore Valgella DOCG Carteria Sandro Fay 2007. Un gran bel nebbiolo, molto buono, fresco e armonico, in bocca è pieno e fruttato, equilibrato. Voto 2

Valtellina Sforzato DOC Ronco del Picchio Sandro Fay 2006. Ancora troppo giovane, è stato un infanticidio. Tannini ancora troppo freschi, anche se si notava una certa eleganza nel vino. Nel senso che non era di quelli Sforzati troppo ciccioni di alcool e di corpo a cui, purtroppo, molti produttori ci hanno abituato. Da ribere tra 5-6 anni. Voto 2

Pomard Ier Crù Les Jarollières 2005 J.M.Boillot. Un grande Pinot Nero. Un naso ampio è dire poco, dal floreale al fruttato, in bocca una bella acidità che non sovrasta il tannino già ben arrotondato. Il vino ha un bel corpo ed è discretamente alcolico. Voto 3

Amarone Bolla 1962. Il vino si sente che è stato un buon vino anche se ormai segnato dagli anni. Voto 0

Amarone Bolla 1969. Questo purtroppo era già andato, non so se per l’annata o per la cattiva conservazione. Fatto stà che è stato l’unico, anche tra quelli a seguire, in cui si è rotto il tappo. Voto 0

Per finire la cena, devo ringraziare un altro caro amico, Teo Favaro, che si è offerto di prepararci i dessert. Anche lui ha dovuto fare i salti mortali per lavorare con la poca attrezzatura disponibile da noi, ma ci ha comunque confezionato dei piatti che, al mio gusto, sono risultati mooolto buoni ed interessanti.

Come predessert ci ha preparato una Crème brülée al rosmarino, un dolce-salato che ha staccato con la cena e ci ha preparato per i gusti più dolci dei veri e propri dessert.

A seguire un Risi e Latte al cardamomo con Crema al Mascarpone e salsa al tè verde. Un dolce molto elegante, equilibrato. La crema al mascarpone, di una bella consistenza vaporosa, per niente stucchevole, ben si abbinava ai risi e latte ed alla salsa al tè verde, acida e forte.

Un ultimo dessert è stato una Spuma di Zabaione al Pedro Ximenes con Coulis ai Frutti di Bosco e Tuille di Mandorle. Un crescendo, bella la successione Teo, di dolce per finire in bellezza la serata. Delicatissimo lo Zabaione e buonissime, nonostante le difficoltà tecniche di realizzarle a casa nostra, le Tuille di mandorle.

Con questi dessert abbiamo bevuto:

AR , Albana di Romagna Passito Riserva 2006 Zerbina. Due bottiglie evaporate. Una freschezza da grande vino del nord, buon corpo e grandi profumi.

Alfred Merckelbach Urziger Würzgarten Riesling Berenauslese 2006. Bevuto dopo l’AR credevo che facesse magra figura, anche considerato il prezzo, invece, la magra figura l’ha fatto l’AR. Profumi profondi ed ampi, pieno di spezie. Acidità mastodontica, corpo pieno ed una lunghezza kilometrica.

23 ottobre 2010

Symposium 4 Stagioni

Dopo più di un decennio torno a fare visita a questo ristorante che negli anni 80-90 è stato un plus della ristorazione marchigiana e nazionale.

Il Symposium era, ed è tuttora, famoso , oltre per la ricerca di prodotti del territorio, per le sue specialità di cacciagione.

Logicamente abbiamo prenotato una cena a base di caccia.

Accolti nel caldo salottino di fronte al camino acceso, abbiamo fatto quattro chiacchiere con il Sig.Pompili ed alcuni ospiti della sua casa, al Symposium è possibile anche prenotare una stanza per trascorrere la notte, dopo una bella cena o per passare un Week End in mezzo alla campagna dell’interno di Fano.

Ci viene offerto un aperitivo,un Brut Rosato da uve Montepulciano della Fattoria le Terrazze di Numana, veramente piacevole. Un bel bouquet al naso ed una piacevole boccata, una bella acidità, un perlage molto fine ed una bella persistenza. Per accompagnare il vino ci offrono anche un assaggio dei salumi di cinghiale prodotti dalla casa, veramente ottimi.

Ci siamo poi accomodati nella sala da pranzo, arredata con cose di casa, tappeti e candelabri, un ambiente caldo e famigliare. Seduti al tavolo, bello distanziato dagli altri in modo da offrire più intimità, visto che tardavamo a deciderci su cosa segliere per il vino da accompagnare il pasto, il Sig.Pompili ci ha offerto anche una bottiglia di Champagne, De Venoge Brut Blanc de Blanc 2000, per accompagnare il benvenuto della casa. Il vino è, almeno per il mio gusto, molto buono. Grande acidità a pulire la bocca, perlage finissimo, un bel corpo ed una leggerissima punta di ossidazione che esalta il corpo del vino. Un vino più da pasto che da aperitivo.

Il benvenuto consiste in un piatto di nervetti di maiale su un sugo di fagioli, qualche fettina di tartufo ed una spolveratina di polvere di trombette da morto.

Nel complesso buono, ma secondo me, il sugo di fagioli copriva un po’ troppo il sapore dei nervetti.

Segue un Uovo fritto in camicia su polentina di patate e formaggio con tartufo bianco di Acqualagna. Anche in questo piatto, pur molto buono, ho trovato qualche cosa che sbilanciava il sapore complessivo. La polentina era molto saporita ed al mio gusto non equilibrava il piatto.

Ordiniamo finalmente un vino rosso, una Barbera Marun Di Matteo Correggia, un vino che a me piace sempre molto. Il 2002 non è stata un grande annata, ma i bravi produttori, declassando le uve non di qualità sono riusciti a fare, con quel poco che è rimasto, ottimi vini anche in questa annata. Un colore granato scuro, quasi impenetrabile. Ampio al naso e fresco, pur nella sua grassezza ed importanza in bocca.

Si continua con un crostino di fegato grasso d’oca su crema di formaggio di fossa e tartufo.

Questo è stato veramente un grande piatto, equilibrato nei sapori ma armonico nel suo insieme.

Cominciamo finalmente con il menù di caccia.

Risotto al fossa , tartufo bianco di Acqualagna, polpa di Beccaccia e riduzione al Porto. Ottima l’esecuzione, ottimi i sapori,leggermente poco armonico il legame che li univa.

Continuiamo con Rigatoni al sugo di selvaggina da pelo, con fossae tartufo e leggero pesto di rucola. Molto buono, equilibrato e ben saporito. Cottura della pasta perfetta. Unico neo, le foglie di rucola, rimembranze di una moda che ormai non ha più senso.

Passiamo poi adun vino più importante. Barbaresco di Albino Rocca Birc Ronchi del 1999 in Magnum. Bottiglia proveniente dalla cantina, perciò ha bisogno di un po’ di tempo per adattarsi alla temperatura e di aria per ossigenarsi, ma poi rivela tutto il suo splendore. Colore granato scarico, una leggera unghia aranciata, mille e mille archetti, finissimi, sul calice. Gran naso di viole e sottobosco. In bocca è corposo e leggermente alcolico, i tannini, belli rotondi, preparano la bocca alla saporita cucina che ci porterà in seguito.

Arriva quindi una Beccaccia arrosto, con il suo crostino, una cipolla ed una patata cotta sotto la cenere, sapori di un tempo che fu, almeno per me. Nato in una famiglia di cacciatori, da generazioni, la Beccaccia è sempre stata considerata da noi la regina della tavola. Difficile da lavorare, a causa del sapore delle sue carni molto variabile a seconda del momento in cui è stata uccisa e del luogo dove ha pasturato.

Questa era ottima. Cottura perfetta, petto al rosa e coscette per niente secche, la testa dolcissima.

Segue un pezzetto di cinghiale arrosto, con caramella della sua salsiccia e salsa di mele. Cinghiale proveniente dall’allevamento personale del Sig.Pompili. Mi stupisce il colore molto chiaro della carne, ma il sapore e la consistenza della carne sono da applauso, discreta la salsiccia, ottimo l’abbinamento con la mela.

Giungiamo quindi al dessert, un piatto di formaggi della zona, alcuni selezionati da Beltrami, altri dallo stesso Sig.Pompili, tutti veramente ottimi. Alcuni commensali hanno chiesto un abbinamento particolare e ci viene proposta una selezione di birre della repubblica Ceca importate direttamente dal Symposium.

Io non le ho assaggiate, preferendo finire il Barbaresco, ma gli altri commensali hanno trovata particolarmente intrigante quella alle ciliegie.

Tra una chiacchiera e l’altra, parlando di spiedo, ci è venuta poi voglia di un assaggio ed il Sig.Pompili ci ha subito assecondato proponendoci un assaggio di tordi ed allodole cotti allo spiedo verticale, sormontati dal una mela che, durante la cottura, lasciava colare il suo succo.

Finiamo la cena con un ottimo caffè ed un sigaro di nuovo davanti al camino nel salottino.

Conclusioni: cucina che rimane leggermente datata, anche se sempre di ottima fattura. Special bonus per l’ampia selezione di proposte di caccia, per gli amanti del genere.

Ampia carta dei vini anche se datati e con un ricarico a volte un po’ troppo importante.

Bella l’opportunità di fermarsi per la notte in modo da non incorrere in guai con il codice della strada!

Conto:

Aperitivi € 7,00 a testa

Menù di caccia € 100,00 a testa

Caffè €.2,00

Vino:

Barbera Marun € 55,00

Barbaresco Magnum € 102,00

Acqua e Champagne offerti.

01 giugno 2010

Ristorante Marconi

Quando non te l’aspetti, un semplice pranzo domenicale può diventare una splendida esperienza gastronomica.

Siamo partiti per fare shopping, approfittando dell’apertura domenicale di un centro per l’arredo giardino e terrazze in cui volevamo cercare qualcosa per la nostra terrazza.

Finito il giro, “fortunatamente” inconcludente, è mezzogiorno, allora decidiamo di mangiare qualcosa e ci viene in mente che la Domenica a Bologna i ristoranti sono quasi tutti chiusi.

Dove andiamo?

Pensa e pensa ci ricordiamo che il Marconi poco dopo Pontecchio Marconi è aperto a mezzogiorno della Domenica. Rapida telefonata e, confermato il tavolo, ci mettiamo in macchina.

Non è la prima volta che andiamo al Marconi, ma le altre volte ci siamo andati apposta, con un po’ di aspettative, magari esagerate. Questa volta invece, forse perché soprapensiero, ci siamo andati in rilassatezza.

Fatti accomodare nella prima sala, per quasi tutto il pranzo ci siamo solo noi. L’altra sala, quella con le vetrate, era tutta piena di clienti che avevano, probabilmente, programmato il pranzo con più anticipo di noi.

Dopo una rapida occhiata al menù, decidiamo di provare la proposta dello Chef, Aurora Mazzucchelli, chiamata: …Attimi di cucina …

Mi dispiace per voi, ed un po’ anche per me, ma avevo dimenticato la macchina fotografica in auto e non ho potuto immortalare i piatti. Non riesco perciò a condividere con voi anche il lato appagante della vista.

Un benvenuto della casa: Alici marinate, di una delicatezza fuori del normale.
Servite su un pezzettino di pane abbrustolito erano divine, per gusto e freschezza. Le note del pesce, intatte, erano “aggiustate” dalla marinatura facendo di un piatto così semplice, un vero capolavoro epatico.

Si comincia con: Gamberi rossi crudi con gelato di piselli e salsa di mortadella.
Letto così mi ha lasciato un po’ perplesso, anche quando lo hanno servito, il gelato di piselli era di un colore così vivo, verde pisello, che sembrava artificiale, la salsa di mortadella, così liquida dava una impressione di brodetto, bhò, mi sono detto! Ho assaggiato prima il gelato, Vi è mai capitato di mangiare dei piselli freschi, appena tolti dal baccello? Bhè, il sapore è lo stesso! Mi sono catapultato in mezzo ad un campo pieno di piante di piselli che sgranocchiavo a due mani, come quando ero bambino. A quel punto ho immerso il cucchiaio nel brodo, opss, nella salsa di mortadella ed ho assaggiato. Già quando ho avvicinato il cucchiaio al naso ho sentito salire nelle narici il profumo della mortadella, quella vera, non quella che comperate alla COOP! In bocca poi il sapore era totale. Non sò quale mortadella usino al Marconi, ma a me ricordava tanto quella di Pasquini, un tempo osannato da Slow Food, ora un po’ meno, ma per me, ancora la migliore che abbia mai mangiato. Arrivo poi ai Gamberi rossi, penso siano quelli di Mazara del Vallo. Di solito si riconoscono proprio perché sono ROSSI anche da crudi, questi erano di una freschezza incredibile, la polpa soda ed il dolciastro della carne sobrio ed elegante. Dopo un assaggio selettivo come questo, ho proceduto poi a dare una vera e propria cucchiaiata al piatto, raccogliendo dal fondo la salsa di mortadella, prelevando poi alcuni tocchetti di gambero per finire accarezzando il gelato di piselli. Se le materie prime prese singolarmente erano eccellenti, il concerto di questo “amalgama” era paragonabile ad un opera d’arte.

La seconda proposta: Polpo di scoglio alla brace con olive nere di Ferradina.
Un piatto decisamente buono, frutto di una materia prima eccellente, una cottura perfetta ed un ottimo equilibrio di sapori. Se devo fare un appunto, posso solo dire che, dopo l’acuto della prima proposta, questa non dà le emozioni gustative che mi aspettavo in un “Crescendo”, per dirla in termini musicali.

Terza proposta: Battuta d’oca “razza romagnola” con salsa d’uovo al tè nero Lapsang Souchong. Si ritorna a volare alto. La carne è saporita di suo, non mi sembra con aggiunta di Sali, tutto il condimento è dato da questa salsa, perfetta, fatta con rosso d’uovo e tè affumicato che esprime un valore aggiunto non indifferente. Il sapore della carne si esalta dall’affumicato e dall’uovo. Tempo fa, al Piastrino di Pennabilli, avevo assaggiato per la prima volta il tè Lapsang, ma allora la proposta era sotto forma di una granita che accompagnava un dessert
(
http://vendita-vino.blogspot.com/2010/04/il-piastrino.html ) là il forte sapore del tè copriva il sapore del dessert, qui invece si armonizza perfettamente con il piatto ed esalta il sapore del tutto.

Quarta proposta: Maccheroni al torchio ripieni di anguilla affumicata con ragù di ostriche e salsa di spinaci. Nel piatto si presentano come piccole caramelle, schiacciati ai lati conditi con un ragù bianco di ostriche ed una leggera salsa di spinaci. Maccheroni di pasta all’uovo rimpinzati di anguilla affumicata. Anche qui un grande prodotto, come materia prima, con una affumicatura leggera, non invadente che ben si armonizza con il ragù di ostriche, il pieno sapore del mare! Raggiunta la quota, inizia il volo di crociera!

Quinta proposta: Ricciola in crosta di pistacchi di Bronte e pesto al basilico.
La carne del pesce era perfetta come cottura, tenera, per niente stopposa, il gusto sugoso che ben si armonizzava con la crosta, leggermente croccante dei pistacchi. La salsa di basilico, di solito abbastanza invadente, in questo caso era leggera ed elegante e svolgeva appieno la funzione di valorizzare il piatto.

Sesta proposta: Musetto di maiale “razza romagnola” con agro di rapa rossa e radici.
Altra impennata nel volo epatico della giornata. Il musetto, presentato in listarelle, grasso e dolce come non ne avevo mangiato da anni, l’agro di rapa rossa, agro sì, ma senza esagerazioni, le radici, carote, rape, ed altre che non ricordo, che riportano il dolce in bocca. Un equilibrio di sapori che raramente si riscontra in piatti di così forti contrasti. E’ un piatto per il quale, IMHO, vale il viaggio, se poi si è in zona, sarebbe un peccato mortale non fermarsi qui.

Settima proposta: Costolette d’agnello, erbe aromatiche e carciofi sott’olio.
Comincio con una critica: i carciofi non erano all’altezza del piatto. Sarà che oramai mi sono abituato a quelli della Ciociaria di Agnoni e faccio fatica ad apprezzare carciofi meno saporiti, ma comunque… L’agnello invece era stratosferico, così buono l’ho mangiato solo al Caveau del Teatro a Pontremoli e lì si trattava di un agnello di Zeri, mica pugnette!
J Cottura al rosa perfetta, carne succosa e saporita, di una tenerezza che si sarebbe potuta tagliare con un grissino, se non li avessimo già finiti prima, i grissini!

Ottava proposta: Biscotto morbido di liquirizia con salsa di mango, gelato al finocchietto selvatico e arancio.
Comincia la discesa prima dell’atterraggio. Il biscotto, molto morbido, non mi ha entusiasmato, buona invece la salsa di mango ed ottimo il gelato. Un abbinamento, quello del finocchietto e dell’arancio, curioso ed intrigante, buona l’apertura in bocca e favolosa la chiusura con una bocca asciutta e pulita.

Il maitre, Massimo Mazzucchelli, fratello di Aurora, visto il nostro entusiasmo, ci propone l’assaggio di qualche formaggio selezionato da lui. Si tratta di una piccola selezione di formaggi provenienti dai pascoli degli Abruzzi.
Un caciocavallo stagionato per un anno e poi rinfrescato nel mosto di vino, un vaccino, leggermente erborinato ed un pecorino, sempre ben stagionato.
Come sapete io adoro finire il pasto con il formaggio, da noi si dice:
Da tevla ‘nt livert mai, sla tu bacca lan sa d’furmai. Questi erano veramente unici, tre gusti diversi uniti da una qualità superiore, serviti senza accompagnamento di marmellate o mieli che, anche se ai più piacciono molto, a me sembra che servino per lo più a mascherare la qualità di questo splendido derivato del latte che è il formaggio.

Piccola pasticceria (molto buona), due caffè e due bottiglie di acqua il tutto al prezzo di €.170,00 senza i vini. Una cifra più che adeguata se penso alle sensazioni sublimi che i fratelli Mazzucchelli ci hanno fatto provare.

A questo aggiungiamo una strepitosa bottiglia di Josko Gravner, un Ribolla “Anfora” del 2001 e due calici, abbondanti, di Litra del 1998 per il formaggio, per raggiungere la cifra totale di € 240,00.
Ora che ho controllato meglio il conto mi sono accorto che i due bicchieri di Litra alla fine, sono stati offerti: extra bonus al bravissimo Massimo.

Non so cosa altro dirvi se non che non vedo l’ora di poterci tornare e volare di nuovo con questa stupenda cucina.

Ristorante Marconi
Via Porrettana, 291
40037 Sasso Marconi (BO)

Tel: 051-846216

Email: info@ritorantemarconi.it

10 maggio 2010

Scacciapensieri Cecina

Approfittando della scusa di una degustazione presso la Tenuta San Guido, quella del mitico Sassicaia, ci siamo presi una mezza giornata di vacanza e, partendo la Domenica sera, siamo andati a Cecina a provare questo ristorante consigliatomi dall’ottimo Claudio Pistocchi, quello della famosa torta al cioccolato.

Il posto è abbastanza elegante, ma comunque non molto formale, c’erano anche clienti in tuta da ginnastica.

Tavoli discretamente distanziati, anche se non troppo, belle sedute e discreta mise en place.

Tutt’intorno a noi c’erano bottiglie delle più blasonate etichette Toscane , la vicinanza con Bolgheri porta molti enoturisti, più qualche cosa di Gaja.
Cosa strana, il ristorante è PRINCIPALMENTE di pesce, le portate di terra si limitano a due antipasti, due primi e due secondi, ma in carta ci sono più vini rossi che bianchi

Il menù è vasto e TUTTO sarebbe piacevole, per fortuna il maitre, credo proprietario, si offre di farci preparare una degustazione con i piatti di fresco del giorno.

Ci viene portato un benvenuto della casa, Crocchetta di tonno , che, sinceramente, ci lascia alquanto perplessi. La crocchetta in se, non era male, ma il tonno dove era? Il sapore della panatura e del ripieno in mezzo al quale, suppogo, ci fosse il tonno, copriva tutto. Risultato una buona crocchetta, ma che poteva essere di qualsiasi cosa, tanto non si sentiva nulla!

Cominciamo con la prima portata di antipasti, crudi: Carpaccio di Gamberi all’olio extra vergine di oliva, fettina di Tonno con agrumi, Baccalà marinato e puntarelle con salsa di alici.
Un ottimo piatto, buoni i gamberi, belli sodi, molto equilibrato l’abbinamento del tonno con Pompelmo Rosa ed Arancio, fantasioso e stuzzicante il Baccalà marinato con l’Anice Stellato, ma l’appagamento totale l’ho raggiunto con i germogli di puntarelle con la salsa di Alici. Dove abbia trovato le puntarelle di questa stagione non lo so, ma erano fresche e croccanti ed il loro amaro era bilanciato benissimo con una salsa di Alici realizzata a regola d’arte.

Secondo antipasto: Purè di patate con punte di Totano abbrustolite e Nero di Seppia.
Molto particolare il purè, non ho capito come lo abbiano fatto, suppongo che abbiano usato, invece del Parmigiano Reggiano, una scamorza affumicata, perché aveva un lieve sentore di bruciato che comunque si sposava benissimo con il Totano abbrustolito ed il nero di seppia ristretto in padella.
Non è nuova l’idea del nero di seppia e del purè, ma comunque è una realizzazione ben riuscita ed appagante.

Come primo primo piatto: Maltagliati in bianco al sapore di mare.
Pasta cotta a puntino, ma io avrei preferito una pasta all’uovo, condita con una miscellanea di molluschi, moscardini e gamberetti, tirati in padella “alla marinara” senza eccedere né con il prezzemolo, né con l’aglio.

Secondo primo piatto: Chitarrine con moscardini e gamberetti e Tartufo Bianchetto.
Forse il piatto più appagante della serata.
Ottima la pasta, cotta perfettamente, grande equilibrio dei sapori di mare e di terra, un vero piatto del Buon Ritorno!

A seguire, Manuela era arrivata, io ho trovato ancora un po’ di posto per una Triglia alla Livornese.

Scusate, ma per la foto sono arrivato lungo, il profumo era così invitante che non sono riuscito a trattenermi.
Una Triglia, con la T maiuscola, sia per dimensioni, sembrava uno sgombretto, che per qualità. Carne morbida e saporita come era tanto che non la provavo, il sugo saltato in padella era divino per equilibrio di sapori, per niente acido.

Per finire, loro lo chiamano “sorbetto”, ma io lo definirei più un gelato di Pere e Zenzero.
Ben fatto ed anche qui i sapori si esaltano ma non si sovrastano, si comincia con la pera, dolce e profumata, ed a seguire arriva lo zenzero con la sua persistenza che invade il palato.

Per finire un ottimo Ponch alla Livornese, cosa oramai difficile da trovare.

Il tutto annaffiato da due bottiglie di acqua ed una di Rossj Bass di Gaja del 2008. Un bel vino, servito un po’ troppo freddo, ma, lasciato in bottiglia sul tavolo, dopo un po’ ha tirato fuori i suoi profumi, con un legno pulito e non invadente. Pronto.

Il conto è stato di € 120,00, senza il vino, tutti meritati.

Una considerazione finale, a parte il benvenuto della casa, abbastanza anonimo, tutti i piatti erano erano sia equilibrati che appaganti, cosa che per me vale il ritorno. Non fosse per i 250Km solo andata, ci andrei più spesso!


19 aprile 2010

Il Piastrino

Domenica, bella giornata, perciò GITA!

Era un po’ che pensavo di andare a visitare Pennabilli, non c’ero mai stato, e poi volevo anche provare il ristorante di Agostini, perciò niente di meglio che unire l’utile al dilettevole!

Dopo una bella cavalcata sui tornanti di Sant’Agata Feltria siamo arrivati a Pennabilli. Arrocato paesino sulla Valmarecchia, ben tenuto ed abbastanza vivo, cosa che purtroppo, negli ultimi anni, è sempre più difficile trovare, ho notato una tendenza allo spopolamento dell’interno delle nostre colline sempre più elevata.

Con un angolo filosofico studiato da Tonino Guerra


Trovato, abbastanza facilmente il Ristorante, basta seguire i cartelli !

Entrati nel Parco Begni, ci si ritrova proprio davanti al bello stabile rurale, completamente ristrutturato in sasso che ospita Il Piastrino. Siamo accolti da una cortese signorina che ci raccoglie i soprabiti e poi ci accompagnerà per tutto il pranzo.

Seduti nella sala più grande, vicino al camino, per fortuna spento (era un gran caldo), ci hanno portato subito i menù e la carta dei vini.

Dopo una bella scorsa alla carta abbiamo scelto due Menù Gran Degustazione. Particolarmente gradita la possibilità di cambiare un piatto tra le proposte del menù.

Cominciamo con un benvenuto della casa composto da un Cous Cous di Cavolfiore con coppa di Mora Romagnola avvolta in una sottilissima fettina di arancio e di un bicchierino con una salsa di Strigoli sopra ad un formaggino fresco, tipo Raviggiolo e con un uovo di quaglia in camicia.
Bella la presentazione, su una tavoletta di ardesia, ottimo il Cous Cous, dove l’immagine del semolino è stata resa con del Cavolfiore leggermente acidificato con succo di limone e sminuzzato finissimamente, con l’aggiunta di, credo, una puntina di aglio. Equilibrio nel sapore raggiunto dalla “dolcezza” della coppa di Mora Romagnola avvolta nella fettina di arancio. Replica nel piacere con il bicchierino contenente una ottima salsa di Strigoli, ben realizzata, sia come densità che come sapore, il cui amaro si bilanciava con il formaggino e l’uovo di quaglia.

Primo antipasto del Menù: Storione con cremoso di bruschetta,chiodini, lardo e mirtilli.

Da pedante critico, trovo sempre un ma! Il piatto in sé era perfetto per appagamento ed equilibrio di sapori, unico neo la cottura dello storione, IO lo avrei preferito un pelo meno cotto, per il resto: lardo e mirtilli davano equilibrio ai sapori, cremoso di bruschetta e Storione, davano sapore ed appagamento.

A seguire: Quaglie e Foie Gras arrostite, con macedonia di asparagi, mandorle e stracchino.
Altro piatto ben realizzato, soprattutto appagante. Asparagi appena sbollentati tagliati a lamelle, carne cotta perfettamente e schiuma di stracchino che amalgamava le mandorle affettate con la carne.
Primo piatto: Maccherone farcito di faraona, con tartufi neri ed uva, salsa di porto e fegato grasso.
Più che maccheroni erano cannoli di pasta di grano duro, io avrei visto meglio, forse, dei paccheri ed unito alla farcia un qualcosa, tipo ricotta, per dare più morbidezza , ma tantè, il piatto era comunque molto appagante e, forse, il più buono di tutto il pranzo. Grande equilibrio di sapori e temperature, dolce-salato, caldo- freddo.Nel secondo piatto abbiamo richiesto la variante, Manuela ha preso quello in menù: Guancetta di vitellone, fondente con composta di topinambur e ristretto di bucce di grana padano

Io invece ho preso Agnello in due cotture (bocconcini fritti e costolette al forno), fonduta di peperoni e pecorino.
Il piatto di Manuela, molto buona, saporita e tenera la carne , aveva la particolarità di queste bucce di grana padano che avevano la consistenza dei pop corn, un modo di proporre gusti noti a consistenze diverse dal solito, una delle filosofie del primo Adrià che più mi piacciono.Il mio aveva un'unica pecca, la panatura dei bocconcini era di sapore quasi industriale, al sapore sembrava che non avessero messo il formaggio, ma è una mia idea. Molto buono l’accostamento del pecorino grattugiato grossolanamente.
Come predessert una crema calda con granatina di mela e cannella, particolarmente aprezzata da me che amo lo strudel, un po’ meno da Manuela che non ama la cannella

Con i dessert abbiamo richiesto un'altra variante, Manuela ha preso quella in menù, Quiche di albicocche appassite e mandorle, orzo tostato e gelato di zenzero,
nel quale era ottimo il gelato allo Zenzero, buona la pasta della Quiche, meno buone le albicocche appassite, sinceramente avrei visto della frutta diversa, ma è questione di gusti.

Io invece ho scelto il Babà al profumo di Rum, con coulis di mandarini e granita di thè Lapsang fumè.

Ottimo il babà, perfetto nell’assorbimento del Rhum, non troppo invadente ed alcolico, molto buona anche la coulis di mandarini, a me però non è piaciuta per niente la granita di thè. L’affumicato era troppo invadente e copriva il sapore del resto. E’ comunque bastato lasciarla nel piatto!

Pranzo accompagnato da una buona bottiglia di Barbera di Matteo Correggia del 2007 e da due bottiglie di acqua Panna naturale.

Con due buoni caffè ed un distillato di Amarene e Marasche di Capovilla, si è arrivati ad una spesa si Euro 130,00.

Spesi estremamente bene.